Coronavirus: il bambino intelligente.
Coronavirus: Il bambino intelligente.
Come abbiamo avuto modo di trattare nel precedente articolo “Coronavirus: come iniziare a vincere la paura”, è necessario coinvolgere i bambini in questo particolare momento storico, affinché non sperimentino un vissuto di angoscia inconsapevole.
Perché si è parlato di angoscia e non di paura?
Come ci spiega il noto filosofo e antropologo Umberto Galimberti, vi è una netta distinzione tra angoscia e paura: la paura è un importante strumento di autodifesa, che permette all’individuo, dinnanzi al pericolo, di attuare un’azione funzionale al fronteggiamento del rischio.
Esempio: si deve insegnare al bambino che il fuoco brucia e che deve fare attenzione nell’avvicinarcisi, per non incorrere in pericolose scottature, con successive corse in ospedale.
L’angoscia, invece, è un sentimento di ansia dovuto a motivazioni non ben specificate, perché si percepisce un rischio indeterminato: non è identificabile l’oggetto dal quale ci si deve difendere e, quindi, si prova una inquietudine spesso irrazionale.
Esempio: sappiamo di correre il rischio di contrarre il Coronavirus, ma non sappiamo come possa avvenire questo contagio, da chi o cosa fare attenzione e, nello specifico, quali attività evitare.
Si prova angoscia e, di conseguenza, la provano i bambini.
Le domande che probabilmente sorgono spontanee in questo momento sono tre:
- “I bambini provano angoscia o paura?”;
- “Come si può spiegare il Coronavirus ai bambini?”;
- “A quale conseguenza si va incontro nel tenere nascosto il virus ai bambini?”.
Queste domande, apparentemente banali, possono in realtà fare la differenza tra la razionalizzazione di un vissuto per il bambino, cioè la presa di coscienza su un ordine di eventi, e la permanenza in uno stato di terrore indeterminato, che non permette, nemmeno ai genitori, di godere dei tempi e degli spazi che il virus ha restaurato nelle case, dove ci si ritrova tutti insieme per un mese intero.
Angoscia e Paura. Alla nascita, i bambini non hanno paura di niente e questo è tra i principali motivi per cui bisogna accudirli attentamente. Non hanno paura di niente perché non conoscono ancora il reale e tentano di comprenderlo attraverso l’ambiente in cui vivono e crescono, sotto la premurosa guida dei genitori. Quello che i bambini vivono, differentemente dagli adulti, è l’angoscia di non saper fronteggiare la realtà senza i punti di riferimento, che sono ovviamente, in prima istanza, i genitori. Durante tutta l’infanzia, viene infatti suggerito ai genitori di manifestarsi empatici, cioè capaci di calarsi nei panni del bambino, attenti alle sue emozioni e rassicuranti, affinché il bambino sviluppi sicurezza e fiducia in se stesso, anche dinnanzi alle calamità.
Come spiegare il virus. In questi giorni, se si dovesse eseguire una rapida ricerca nel web, si potrebbero facilmente rintracciare molte storie, scritte e raccontate da insegnanti, che tentanto di spiegare ai propri piccoli alunni l’emergenza che stiamo vivendo. Non a caso, è possibile notare la scelta stilistica delle/gli insegnanti, che ricorrono alla fiaba per narrare, anche scientificamente, cos’è il Coronavirus e come poterlo evitare. La fiaba ha un’importante valenza catartica per i bambini, cioè consente al bambino di immedesimarsi nel racconto e sperimentare l’esperienza del racconto stesso, pur non vivendola in prima persona. La fiaba, però, deve essere vicina al vissuto del bambino, deve riguardare dei contenuti che il bambino ha già fatto propri. Ecco perché, se si dovesse essere a corto di idee, ci si potrebbe confrontare con le/gli insegnanti dei bambini, che sicuramente sapranno consigliare il tema più appropriato per la narrazione.
Quali le conseguenze a cui si va incontro. Partiamo da un importante presupposto: è possibile notare un’emergenza di un sé funzionale nei bambini, cioè una coscienza di se stessi presenti nell’ambiente, già intorno ai sei mesi. Questo significa che i bambini, contrariamente a ciò che spesso si può pensare, hanno la capacità di comprendere quello che succede intorno a loro, soprattutto perché è consigliabile abituarli a delle routine di consuetudine. I bambini più grandi poi, essendo di natura molto curiosi, avanzeranno subito la domanda del perché non si va a scuola, per quale motivo i genitori sono a casa o, più banalmente, a cosa servano le mascherine, se sono un semplice gioco o protezione. I genitori, a questo punto, non possono tenere nascosta la questione e devono dire la verità, per non rischiare l’insorgere di disfunzioni nella logica del bambino che, come precedentemente detto, analizza il reale attraverso i genitori, che diventano il primo metodo di conoscenza della realtà.
I bambini sono altamente intelligenti grazie alla loro profonda e caratteristica intuitività, essendo abituati a ricevere informazioni dalla totalità di ciò che li circonda.
E in un momento in cui siamo richiamati ad essere veramente gli adulti, non sottovalutiamo la loro perspicacia.
Giacomo Grassi